Olivieri e Ligea, è qui la città dei ‘morti viventi’ – VIDEO

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Benvenuti… all’inferno: gli abitanti del rione Oliveri stanno pensando di affiggere un grande cartello nei pressi della intersezione tra il viadotto Gatto e via Benedetto Croce. Il motivo è presto detto: la loro qualità di vita – e quindi i loro diritti – sono schiacciati dal peso (è proprio il caso di dire…) del traffico pesante che, tranne che per tre-quattro ore di notte, occupa il viadotto, lo svincolo e via Benedetto Croce senza soluzione di continuità. Diritti alla salubrità dell’aria, a livelli di decibel sotto soglia di legge, all’assenza di pericoli derivanti dal traffico industriale: in verità il peso di questo macigno, pur se in gran parte ricade sulle spalle di chi abita in quel che era un antico e ridente borgo di pescatori, è condiviso con i residenti del rione Porto-via Ligea, con quelli che vivono a Canalone bassa e con quelli di via Monti alta. Ma non servono troppe parole: il video del nostro lettore Giovanni Capuano girato alle ore 19 di mercoledì racconta la ‘normalità’ in una vasta parte di città che, con l’ardire di ‘lottare per non morire’ identifica le cause nella mancata tutela dell’interesse pubblico nelle politiche di sviluppo industriale dei giganti (privati) dello scalo e che, forse per questo, è stabilmente fuori l’agenda dell’Amministrazione comunale tanto che, dai politici o aspiranti tali, è dimenticata persino… sotto elezioni. “Questo ponte è stato costruito quasi mezzo secolo fa e sostiene, in aggiunta a quello containers e di merci varie, anche il traffico dei camion diretti dalla Sicilia verso nord e viceversa. Tutti abbiamo la preoccupazione che, prima o poi, ci cadrà in testa. A volte ci sentiamo come morti viventi”, dice una distinta e giovanile signora del Palazzo Olivieri che dal suo balcone ogni giorno ‘ammira’ la campata del viadotto.
Ps. A nulla vale la promessa di Porta Ovest: il cantiere ha uno stato di avanzamento inferiore al 50% ed è fermo da tempo.

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1 commento

  1. de lisio gloria il

    Prendiamoci le nostre colpe: gli abbiamo fatti fare indisturbati i loro comodi senza mai protestare o intervenire.
    Cosa ci si poteva aspettare? Il rispetto della gente? La tutela dell’ambiente? O, ancora più difficile, uno sguardo
    lungimirante sul futuro di un ridicolo porticciolo che vuole atteggiarsi a Rotterdam?
    Ora o si interviene con massicce e partecipate proteste, costringendo gli indifferenti amministratori e i
    privati imprenditori interessati solo al loro profitto a prendere atto che devono fermarsi, o per noi è finita.
    Almeno finchè non crollerà il viadotto. Quello che è accaduto a Roma oggi è un segnale. Immaginiamo cosa
    accadrà quanto cominceranno le allegre trivellazioni fino a 18 metri sott’acqua nella roccia.