VIDEO – Venditti: “L’intellettuale di Firenze e il populismo inconsistente”

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E’ un Antonello Venditti a tratti inedito quello che sceglie di cantare ma (soprattutto) di raccontarsi, invitato da Claudio Tortora al Premio Charlot dell’Arena del Mare di Salerno. A sei mesi dall’ultima riunione con la sua band e dopo un lungo periodo di ‘clausura volontaria’ ha voglia di pianoforte, di microfono, di tavole di legno, di luci e dell’interlocuzione con il pubblico. A 71 anni opta per un (re)inizio soft, meglio se lontano dalle pressioni di Roma, Milano o Londra (“ci andrò a marzo”). Per aprirsi sceglie allora un ambiente familiare (“a questa città sono affezionato, qui ci torno spesso anche col catamarano”).
Il format realizza le massime aspettative di chi è seduto: le storie trapassano e travolgono gli anni con l’impeto dell’acqua del fiume in uno stretto canyon; il pubblico comprende, risente sapori e odori di gioventù che afferra, stringe. E’ quando il film inizia a scorrere che lo ‘spettatore’ lascia il posto al ‘testimone’. Venditti lo percepisce e dialoga, si apre, racconta. E punge. “Era il 1978, vi spiego come nacque Bomba o non bomba…”, brano la cui profezia (due anni dopo ci sarebbe stata la strage di Bologna) oggi appare impressionante. “Lì ci sono schegge di futuro, anche piuttosto brutte. La bomba di Bologna, ad esempio… A Sasso Marconi incontrammo la ragazza radicale: i radicali sono stati parte essenziale della nostra vita civile, una spina nel fianco della sinistra. Senza di loro l’Italia non sarebbe cambiata”. E’ un viaggio nell’universo di sinistra dell’Italia post-sessantotto: “A Roncobilaccio incontrammo un vecchio partigiano che sa già quel che sarà. Ci mette in guardia sulle difficoltà di cambiare l’Italia. E’ però quella Firenze la profezia che mi fa più male…”. Il racconto diventa intenso. Venditti spezzetta le strofe che ripete in prosa: “A Firenze dormimmo da un intellettuale: la faccia giusta e tutto quanto il resto… Ci disse ‘no compagni amici’ con una espressione antitetica, ‘io disapprovo il passo; manca l’analisi e poi non c’ho l’elmetto’… ma bomba o non bomba, arriveremo a Roma, malgrado te”. Svela: “Questo, purtroppo, è Renzi”. Interviene Gianmaurizio Foderaro che gli ricorda lo scampato ‘incidente diplomatico’: “Potevate incontrarvi: ieri eravate nello stesso albergo”. Venditti risponde: “E che è venuto a fa…? E De Luca che ha detto?”. Riflette: “Noi vivevamo il mondo dello spettacolo in maniera imbarazzante. Oggi invece i veri protagonisti sono loro. Non siamo più solo noi a vivere di parole, si sono sommate persone che invece dovrebbero fare fatti”. Continua: “A Orvieto ci fu l’apoteosi: quando il sindaco si adegua segue il Questore che ci dà via libera. Succede così: quando vinci sul carro salgono tutti. Arrivati a Roma pensavamo di aver ‘vinto la democrazia’. Invece no: trovi sempre qualcuno che ti detta tempi e regole per realizzare quello che pensi di fare. Ecco, è la metafora della democrazia italiana: l’obiettivo è trasformare il populismo in democrazia. Difficilissimo perché dipende dalla qualità dei rappresentanti. Se non è quella giusta, populismo e democrazia non si incontreranno. Ma in mezzo c’è il popolo per il quale i rischi sono quelli di una democrazia incompiuta e di un populismo inconsistente”.

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