Praga: Capitale culturale e locomotiva economica. Un esempio (anche) per l’Italia – FOTO

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Praga strega il cuore. Breve o lungo che sia il soggiorno, ne diventi parte ed essa parte di te. Lo sospetti quando la vivi, te ne accorgi quando te ne vai.

Perché questa è una città che attraverso se stessa racconta l’Europa meglio di qualunque altra. Ma anche perché qui il futuro è la certezza dell’oggi, non è un’ipotesi del domani.

Più piccola rispetto ad altre Capitali, è un incredibile concentrato di tesori d’arte, di stili, di cultura, di storia.

Chi la visita con gli occhi del bambino troverà castelli, troni, Re e cavalieri. Ma anche il grande fiume, il ponte che sembra sospeso, il meccanismo ‘magico’ dell’orologio astronomico antichissimo e quasi alchemico, i balconi degli innamorati e la casa danzante.

Chi intende leggerne la storia contemporanea troverà ampie tracce del passato comunista da cui la ‘nuova Praga’ ha voluto e saputo ereditare il meglio. Quei tram, per esempio: velocissimi e puntuali, dimostrano come è possibile – e utile – riadattare il passato alle dinamiche della società moderna. Proprio come la Skoda, oggi auto potente, qui status symbol.

Ma anche i mercati lontani dal centro e le periferie raccontano molto di modalità e stili di vita dei circa 60 anni di interrotta influenza sovietica. Qui, lontano dai flussi turistici della Mala Strana, del Ponte Carlo o di piazza San Venceslao, Praga diventa potentemente autentica.

È qui che pienamente dimostra come siano riuscite le ricuciture con il passato recente e, urbanisticamente, con le periferie.

Cade allora in errore chi immagina di ritrovare, a mezz’ora di tram – che per velocità assomiglia a qualche metro italiana – l’architettura sovietico-popolare generalmente narrata.

I palazzi dell’epoca, costruiti per ospitare le famiglie operaie, mediamente non sfigurerebbero ai confini dei centri storici delle nostre città. Dignitosissimi, mai ‘fuori scala’ e sempre immersi in grandi (a volte giganteschi) parchi verdi nel pieno rispetto di standard urbanistici difficilmente replicabili. Infatti mai (o quasi mai) replicati da noi.

Probabilmente, allora, il vero sorpreso sarebbe il ceco che dovesse giungere nelle periferie costruite in Italia negli anni ‘50-’80, spesso in strumentale ossequio ad una filosofia edilizia apparentemente di stampo sovietico. Apparentemente. Praga lo dimostra inconfutabilmente.

Poi c’è la maestosa, monumentale mozzafiato Piazza San Venceslao  teatro, il 21 gennaio del 1968, dell’arrivo dei carrarmati nell’invasione URSS dell’allora Cecoslovacchia. Da qui il gesto estremo dello studente Jan Palach del 16 gennaio 1969.

Gli urbanisti ma anche qualche ‘archistar’ troverebbero ampi spunti di riflessione e di analisi guardando e vedendo in che modo Praga ha scelto di evolvere se stessa. Nella rigenerazione è riuscita a cedere pochissimo – e solo in centro – alla ‘gentrificazione’.

Partendo dal soddisfacimento delle esigenze abitative, il rapporto con lo spazio trova a Praga nuove forme di espressione. C’è molto. Non solo la celebre ‘casa danzante’, di per sé (anche) formidabile attrazione turistica al pari della Pedrera, Casa Battlò e Palazzo Guell disegnate da Antonio Gaudì a Barcellona.

Lontano dal centro sono le periferie a caratterizzarsi per una urbanizzazione rispettosa dei principi del verde e della mobilità pubblica. Palazzi tutti diversi e mai oltremodo impattanti. Ognuno tratteggia il carattere di chi l’ha disegnato. Mai grattacieli. Le forme sono a volte sinuose, altre stilizzate. Se non sono opere d’arte, poco ci manca.

Anche il particolarissimo stadio dello Sparta è immerso nel verde. Solo collegamenti pubblici. A Praga a vedere la partita si va solo in bus, tram o metro.

Infine gli economisti. A Praga troverebbero spunti per una sapiente riflessione. La Repubblica Ceca è nazione in area Shengen. La sua moneta resta però la Corona. Che Praga continua a battere, preservando la prerogativa della sovranità monetaria ed economica che in buona parte determina l’andamento delle dinamiche finanziarie.

È stata, questa, una intuizione. Certamente una scommessa vinta. Sin dall’inizio allorquando – caduto il comunismo – bisognava lanciare l’economia in un mercato libero ma sempre, però, controllato nei suoi asset strategici.

Oggi la Repubblica Ceca, 10 milioni di abitanti, è una piccola locomotiva. La moneta ‘debole’ attira investitori da ogni parte del mondo. Accolti in un aeroporto internazionale fenomenale per concezione architettonica, tempi e funzionalità.

Il risultato è che la disoccupazione quasi non esiste ed i ristoranti sono (davvero) pieni.

Oggi 1 Euro equivale a 25 Corone. Con almeno mille, quattro persone cenano a base di prodotti tipici, con dell’ottima carne e boccali di autentica birra artigianale al Kozlovna Apropos in pieno centro, a tre minuti a piedi dal monumentale Ponte Carlo. Tra i pochi ristoranti a premunirsi, tra l’altro, di traduzione in italiano del ricco menù impreziosito da stinco di maiale e gulasch servito nel tegame di… pane.

A circa metà della stradina che si inerpica fin sul castello ha sede l’Ambasciata italiana. La rappresenta il diplomatico 61enne Mauro Marsili (era in RDT al momento della caduta del Muro).

Da questa Ambasciata deriva l’ICC, Istituto di Cultura Italiana, prodigo nell’organizzare i corsi di lingua. Nella ‘penetrazione’ economica ed imprenditoriale in Repubblica Ceca, l’Italia è posizionata dietro alla Germania. Berlino, qui, è la Capitale europea di riferimento.

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